Dare più informazioni sui nuovi farmaci anti Epatite C, abolire i criteri di selezione per l'accesso ai trattamenti, monitorare il turismo sanitario
,intervenire con una norma ad hoc
per limitare i tempi d’attesa tra arruolamento del paziente e inizio della terapia, mlavorare per una strategia di contenimento dei prezzi e incrementare le risorse. Sono queste le proposte lanciate da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato nel corso del convegno di presentazione del report sui risultati del progetto “Epatite, C siamo”.
I nuovi farmaci antivirali ad azione diretta contro l’Epatite C stanno mettendo a dura prova l’equità del nostro sistema sanitario, ovvero il diritto uguale per tutti di potersi curare. Dall’indagine di Cittadinazattiva-Tdm risulta infatti che oltre un paziente su 2 riscontra difficoltà nell’accesso ai farmaci, di cui il 45% per mancanza di informazioni, e il 44,6% non riesce a ottenere l’indennizzo e risarcimento da sangue infetto. E anche i pazienti che rientrano in una delle sette categorie eleggibili stabilite dall’Aifa (per genotipo e stadio della malattia) devono fare i conti con disparità, disuguaglianze e attese al ralenti (il 4% dei pazienti ammessi alle nuove terapie è ancora in lista per accedere ai nuovi farmaci e possono passare anche sei mesi prima dell’effettivo inizio delle cure). La distribuzione sul territorio dei centri prescrittori non è omogenea, in 11 Regioni non ci sono disposizioni normative certe sull’erogazione delle cure in mobilità interregionale e solo 6 regioni fanno riferimento all’accesso alle cure per gli stranieri (Stp o Eni).
«La realtà che le persone affette da epatite C stanno vivendo e che ci hanno segnalato nell'accesso alle nuove terapie che eradicano il virus - sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva - non è certo quella di un servizio sanitario nazionale universale ed equo. Infatti il diritto a guarire è per pochi, quelli che sono ammalati abbastanza e che riescono a superare lo scoglio delle liste d'attesa; gli altri devono aspettare di peggiorare, o, se possono permetterselo, andare all'estero correndo magari anche qualche rischio. E mentre le istituzioni stanno a guardare, i vuoti lasciati dal Ssn sono stati colmati dai cosiddetti “viaggi della speranza”, principalmente in India. E il nodo delle risorse va affrontato con decisione, ad esempio prevedendo con una norma che parte delle risorse derivanti da pay back, payment by result e risk sharing vada ad alimentare il fondo per i farmaci innovativi».
L’arrivo di questi prodotti innovativi ad alto costo - che nel 90% dei casi eradicano completamente il virus - per la prima volta ha quindi assestato un duro colpo al «diritto a guarire». E per la prima volta l’accesso alle cure e la tempistica non sono più determinate solo dalla gravità della condizione clinica ma sono di fatto decise da priorità economico-finanziarie, che influenzano il momento di accesso al trattamento.
Con sperequazioni tra i pazienti, disuguaglianze e grande incertezza per i malati, che sempre più spesso ricorrono a prestiti bancari per garantirsi le cure o magari per affrontare un viaggio della speranza in India, dove le terapie sono disponibili a prezzi inferiori grazie alla disponibilità di farmaci generici. Le cure interferon-free che negli Usa costano oltre 90mila dollari e in Italia 50.000 euro in via privata, in India sono infatti disponibili per circa mille dollari o meno.
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